18 febbraio 2007

Storielle d'altri tempi n°2

Le avevano tentate tutte, non c’è che dire.
Il chiacchiericcio sembrava non finire mai.

Una confusione ordinatissima.

C’erano i Pupazzi a muoversi i fili da soli, strane figure metà peluche metà poltrona.

I Pupazzi vivevano oramai lontani dal mondo, dentro un’enorme bolla di sapone, di tanto in tanto scoppiavano scorregge l’uno contro l’altro ma alla fine si scambiavano poltrone in segno di pace.

Si diceva ci fosse stato un tempo in cui i Pupazzi non erano tutti uguali, ognuno aveva un colore ben distinto e nessuno si accoppiava con un Pupazzo dal colore diverso dal proprio.

Le cose non stavano più così, i colori dei Pupazzi erano diventati indefinibili, gli unici ancora distinguibili erano i Papupazzi il cui porpora non era mutato nel tempo, così come non era mutato il loro potere.
I Papupazzi, dunque, potevano.
In quel periodo avrebbero anche potuto starsene buoni e tranquilli, ma sarebbe stato come non potere e che potere è, se non si può.

E siccome volevano, dovevano potere.

“Il Mondo è impacsito” petavano diuturnamente. “Zi zono perzi tutti i falori di Famiglia” ruttava il capo dei Papupazzi, “Cvalcuno za, chi li ha zgamati?”

Non passava giorno che l’aerofagia porporina occupasse i media in cerca del ladro.

Intimarono perfino il Pupazzo del consiglio, già noto Insaccato, di chiuderlo dentro un panino e di farne un sol boccone, convinti di ottenere facilmente il nome del ladro.

Fu con un certo stupore, invece, che si trovarono fuori la porta, la scritta: “Io lo so ma non ve lo DICO!”.

Certo, era scritto con tratto tremante e molto piccolo, appena leggibile, non sembrava proprio un gesto di sfida, né una mossa di un coraggioso combattente, ma comunque un atto di disobbedienza per i Papupazzi che reagirono con una solenne Superscorreggia Vincolante.

Molti si divincolarono da subito, qualcuno addirittura preferì lo svicolo cieco, i Papupazzi non sapevano che pesci prendere ed erano in molti a cui piaceva prendere il pesce.

Stavolta non era solo una questione tra Pupazzi, non c’erano scambi pacifici di poltrone in grado di risolvere le cose, stavolta era la Storia a chiedere la sua parte, non era la solita storia.

In tutto questo i telespettatori, oppiati dal pattume mediatico, tenuti a bada col ludico ciarpame pseudohightech, erano irrimediabilmente spacciati.

Lo spaccio dei telespettatori era diventato praticamente legale.

C’era chi spacciava solo casalinghe e pensionati, chi solo adolescenti, chi spacciava un po’ tutto, era un mercato assai conveniente.

Qualche Pupazzo, molto astuto, aveva capito che gli umani erano rimasti in pochi ormai e che i telespettatori erano in maggioranza. Aveva capito che i telespettatori non ricordavano più il loro passato umano, erano perfettamente conformi al Pupazzismo, non rappresentavano alcun pericolo, si poteva, quindi, farli partecipare al Grande Gioco di Società, il Pupazzismo, appunto.

Aveva capito che li si poteva lasciare ‘liberi’ di dire qualsiasi cosa, senza censura, perché anche la cosa più scabrosa, più pungente, più irriverente, nel Gioco del Pupazzismo, rimaneva non altro che una scorreggia tra le tante.

Il Sogno Flatulente si era avverato; infondo era una vera rivoluzione, i princìpi si potevano dire gli stessi di quella francese: Libertà, Uguaglianza, Fraternità.

Tutti liberi di scorreggiare.

Tutti uguali, tutti scorreggioni.

Tutti fratelli di scorregge.

Liberi, uguali e fratelli nel nome della Scorreggia Unica.

E così vissero puzzoni e infestanti.

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Disinfettore

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